Blade Runner 2049 non è un blockbuster, non è un film commerciale e non è alla portata di tutti. Se è stato accusato di ciò, probabilmente è perché porta il nome “Blade Runner“, il capolavoro degli anni ’80 con cui migliaia di cinefili si sono appassionati al cinema e alla fantascienza.

Ma non c’è niente di più fuori luogo se non il paragone con una pellicola che, attraverso un’ambientazione retrofuturistica, scaturiva una riflessione sull’uomo del ‘900, oppresso, taciturno e diviso fra ciò che è reale e ciò che non lo è.

Il vecchio Blade Runner fu una rivoluzione; il sequel invece non propone innovazioni della stessa portata e importanza, eppure indaga nell’uomo moderno al stesso modo del suo prequel.

Ritorna la figura dell’occhio, il simbolo che indica il mezzo con cui gli uomini credono di comprendere la realtà, e ritorna la ricerca incessante di umanità da parte di replicanti e non. Blade Runner 2049 si focalizza sul rapporto umano-non umano, sull’impossibilità di discernere ciò che è reale da ciò che non lo è, e ci mostra l’unico brandello di civiltà: i sentimenti.

Blade Runner 2049 si delinea attraverso tanti drammi familiari per parlare più in generale del dramma dell‘uomo alla ricerca di verità. Ogni personaggio è sofferente, vive problemi affettivi a causa della società tecnologica che intercambia l’umano con la macchina e non sa rispondere a quale sia la vera umanità. Il personaggio di K (Ryan Gosling) è immagine dell’uomo moderno che ha bisogno di costruirsi un’illusione in cui credere, di essere il prescelto e di riscattare la sua mediocrità.

Blade Runner 2049

Blade Runner 2049


Le trame secondarie
 sono sviluppate alla perfezione, a partire dalla storia d’amore che richiama molto Her e che è diretta egregiamente in alcune scene. La sequenza in cui Joi prende in prestito un corpo è probabilmente una delle scena più belle degli ultimi 10 anni di cinema.
La storia del bambino è meravigliosamente associata ad elementi come l’albero simbolo della vita, o ai ricordi – reali e non – che si riallacciano al tema dell’infanzia. Insomma, un bambino che è la fonte di un’umanità ricercata da chiunque.
E’ quindi la vita il fulcro centrale del film, che si apre con un occhio spalancato e termina nella villa del vecchio Deckard, citando probabilmente 2001: Odissea nello Spazio che utilizza il design settecentesco all’interno della fantascienza.

La trama è essenziale, ma con poco presenta anche colpi di scena. Se per molti la sceneggiatura così scarna è il principale difetto del film, credo invece che un approfondimento nei dialoghi sarebbe risultato superfluo.
Blade Runner 2049 non ha veramente bisogno di parlare, perché sono le immagini ad esprimersi al meglio. Non solo perché la fotografia e le scenografie sono sensazionali, ma anche perché questo film riesce a comunicare solo con i gesti, i simboli, le citazioni e la messa in scena. La regia segue infatti gli stessi ritmi di quella di Ridley Scott del vecchio Blade Runner, anche se allo stesso tempo sembra rifarsi più a quella di Nicolas Winding Refn.

Lento in maniera spossante, Blade Runner 2049 fa del suo ritmo dilatato una peculiarità sensazionale, creando la giusta enfasi e la giusta pesantezza delle azioni. I personaggi si muovono con difficoltà in questo scenario distopico che fa sentire ancor di più un senso di oppressione e disagio. Le musiche travolgenti, inquiete e pesantissime accompagnano praticamente sempre lo spettatore che non perde mai un secondo per meravigliarsi.

Eppure, nonostante l’abbondanza stilistica, Blade loRunner 2049 gioca di sottrazioni: la sceneggiatura è essenziale; l’espressività degli attori è sempre minima ma con poco fa emergere le emozioni; la colonna sonora, seppur sempre presente, è ridotta ad un singolo suono possente; il colore non è mai troppo saturo e mai i giochi di luci ed ombre distolgono lo spettatore dalla vista del soggetto principale.
Questo perché ogni scena è costruita con una cura del dettaglio incredibile, dove nulla è lasciato al caso e niente è di troppo.

Il direttore della fotografia Roger Deakins è pronto a ritirare il suo Oscar, visto il perfezionismo ricercato in ogni immagine.

 

Blade Runner 2049

Blade unner 2049

Blade Runner 2049

Roger Deakins ha infatti rivestito un film di fantascienza con un look neo-noir grazie ad un mix di luci e nebbia, figure in penombra e continui spostamenti di illuminazione che mettono in evidenzia il cambiamento di espressività degli attori oscurandoli per qualche secondo e poi ri-illuminandoli.

I personaggi sono ben costruiti e tutti molto differenti tra di loro, fatta eccezione per il villain Wallace (Jared Leto) che risulta abbastanza stereotipato sebbene le scene in cui compaia siano cruciali e coinvolgenti. Il cast è all’altezza del film, e spicca Harrison Ford nelle sequenze finali in cui mostra la sua grande umanità. Cucito perfettamente su Ryan Gosling, l’agente K è però il vero cuore della pellicola, e riesce a far trapelare ogni minima emozione con pochissimo e a suscitare commozione.

Capolavoro? Miglior film del 2017? Questo non ci importa.

Blade Runner 2049 è una delle migliori esperienze cinematografiche degli ultimi anni, un viaggio alla ricerca di sé e del confine fra umano e non-umano.

E’ un peccato che molti non riescano ad apprezzare un’opera del genere.

C'era una volta Hollywood

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Blade Runner 2049 non è un blockbuster, non è un film commerciale e non è alla portata di tutti. Se è stato accusato di ciò, probabilmente è perché porta il nome “Blade Runner“, il capolavoro degli anni ’80 con cui migliaia di cinefili si sono appassionati al cinema e alla fantascienza.

Ma non c’è niente di più fuori luogo se non il paragone con una pellicola che, attraverso un’ambientazione retrofuturistica, scaturiva una riflessione sull’uomo del ‘900, oppresso, taciturno e diviso fra ciò che è reale e ciò che non lo è.

Il vecchio Blade Runner fu una rivoluzione; il sequel invece non propone innovazioni della stessa portata e importanza, eppure indaga nell’uomo moderno al stesso modo del suo prequel.

Ritorna la figura dell’occhio, il simbolo che indica il mezzo con cui gli uomini credono di comprendere la realtà, e ritorna la ricerca incessante di umanità da parte di replicanti e non. 

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